Odio traslocare. Ma in un modo o nell’altro mi è già capitato quattro volte nella mia vita. Forse non sono neanche poi tante, ma è un numero di volte sufficiente per poter riaffermare che odio traslocare.
Odio preparare le scatole. Devi selezionare, capisci che non puoi tenere tutto, soprattutto se quel tutto comprende l’accumulo di cose che per chissà quale motivo non hai buttato. E poi ti metti a sfogliare i ricordi. E ti ricordi. Poi ricominci a selezionare. Ma non è mai abbastanza, la quantità di cose da mettere via è incredibilmente illimitata, non finisci più. Alla fine, per sbaglio, qualcosa l’abbandoni.
Poi c’è il trasporto. E quello è solo uno stress fisico. Ma uno stress fisico notevole. Trovi la macchina, ti organizzi, carichi, scarichi. E poi di nuovo. Per un totale di volte, anche in questo caso, incalcolabile (almeno così sembra).
Poi c’è lo svuotamento delle scatole che con tanta fatica hai preparato. Butteresti via tutto pur di non farlo. Ho giurato di non traslocare mai più. Anche se so che non è possibile. Apri le scatole e ti rendi conto che non ricordi con che logica hai messo via le cose. All’interno ci sono oggetti eterogenei. Ah sì! Il meccanismo alla base è evitare che le scatole pesino troppo. Un po’ di libri con un po’ di fumetti con un po’ di cd con un po’ di fotocopie con un po’ di astucci etc. Questo implica che per svuotare e sistemare devi aprire tutte le scatole per recuperare un po’ di qui, un po’ di lì quello che ti occorre. Questo significa stanza cosparsa di scatoloni aperti.
Poi c’è che inizi ad abitare nel nuovo appartamento anche se niente è ancora a posto. La vita di tutti i giorni entra a far parte della stanza. Si sovrappone alle scatole ancora da svuotare. Si ammucchia. Non riesco più a muovermi.
mercoledì, settembre 16, 2009
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